domenica 26 ottobre 2008

Scozia: sì, lo voglio.

Di tutti i posti in cui sono stata (non sono stati poi tanti, va beh, ma dirlo così fa scena), l’unico di cui non dico che “mi piacerebbe” ma che “voglio” tornarci è la Scozia.
Il motivo non lo so mai spiegare se non con la sensazione di “ci sto bene” che mi ha dato quando, un tot di anni fa, ne ho girato una buona parte in auto durante una vacanza in comitiva.
I motivi di lamentazioni e borbottii altrui – le stanze dei b&b troppo piccole, il gallo della fattoria che ci ospitava che cantava troppo presto, il mare troppo mosso durante la traghettata verso le Orcadi, l’inglese duro e smozzicato della gente, e via dicendo – per me non esistevano, annichilati dai saliscendi del paesaggio, dalle soste improvvisate per “pocciare” i piedi nel mare limpido e gelato in pieno agosto, dalle distese di erica e pecore, dal the (o dallo whisky) che ci aspettava immancabilmente quando arrivavamo in certi b&b piccolissimi, tre stanze al massimo, gestiti da famiglie o da coppie un po’ in là con l’età.
Il nostro viaggio di allora, iniziato a Edimburgo con la sola direzione “verso nord”, era stato preparato per mesi. Guide, siti, consigli, programmi e piantine stradali alla mano, eravamo saliti nel nostro monovolume con volante a destra pronti alla ventura e senza troppe fisime. Fin tanto che si arrivava al b&b di quella notte, e fintanto che si trovava un pub in cui cenare e annegare nella birra la stanchezza della giornata, tutto il resto si poteva modificare.
È così che ho toccato con mano il manto delle vacche dai capelli lunghi, che ho visitato castelli e dimore mantenuti come se il tempo non fosse passato, che alle Orcadi ho visto un pezzetto di casa prima (la cappella degli Italiani, costruita dai prigionieri di guerra e conservata dagli scozzesi) e Skara Brea poi, un villaggio preistorico così intriso dello spirito scozzese che non si fa scrupolo a dire “al tempo delle piramidi io ero già storia”.
Troppo c’è da dire sulla Scozia per condensare in modo logico in un solo post, quindi perdonatemi e permettetemi di divagare.

Muovete quel culo
Non rinunciate all’isola di Skye, con Dunvegan Castle – casa dei MacLeod – a ridosso del mare e il suo parco boscoso e avvolgente. Percorrete almeno un tratto della strada del nord, da John O’ Groats a Durness all’alba o al tramonto quando le colline da un lato e il mare dall’altro vi faranno credere di essere in un caleidoscopio gigante.
Accontentavi di un sandwich e uno yogurt presi al Tesco a mezzogiorno, e rifatevi la bocca cenando in un pub con hamburger di manzo, insalatine e chips annegate nell’aceto da mandar giù con pinte di birra intere, che se tanto ne ordinate una mezza fanno finta di non sentirvi. Prendetene ogni volta una diversa, la scelta è vastissima e provarne il più possibile è un obbligo morale. E ricordatevi che, nel migliore dei casi, le ordinazioni per la cena chiudono alle 19.30 (e che pasta&pizza si evitano a prescindere).

Lasciatevi andare
Escludete gli alberghi e scegliete dal sito del turismo i b&b in cui dormire, se vi spostate in continuazione uno diverso per notte, se ci riuscite il più piccolo che trovate. Gli scozzesi che abbiamo incontrato in questo modo sono ospitali, gentili, pronti a fare quattro chiacchiere e a consigliare – in un caso, per noi, addirittura ad invitarci al loro seguito – piccole feste di paese o fiere locali nelle quali assistere al lancio del tronco, ascoltare il concerto della banda con la cornamusa, rifiutare garbatamente il piatto locale d’haggis (non volete sapere, credetemi) e ammirare uomini disinvolti nel proprio kilt, orgogliosi e fieri nel mostrare il tartan di famiglia.
Nel limite del possibile non negatevi niente, né una visita alle scogliere a strapiombo sul mare, con le foche che sguazzano decine e decine di metri più in basso, né una passeggiata lungo Princess Street a Edimburgo, con librerie su 4 piani e centri commerciali a pochi metri dalle botteguccie e dai negozietti che vi affiancheranno nei viottoli che si inerpicano verso il Royal Mile. Evitate il pub pieno di stranieri (come voi) e gente alla moda e cercatene uno con almeno tre vecchietti dentro, e passate due ore a vederli alzarsi col bastone in una mano verso il bancone per riempire il boccale una, due, tre volte.

Perdetevi
Imboccate quella stradina che vi tenta sulla destra e salutate la famiglia nella cui fattoria dai muretti bassi e con le vacche al pascolo in giardino sbucherete. Fermatevi a quel grumo di quattro case, una chiesa, una cabina del telefono e venti pecore a sgranchirvi un po’ le gambe, magari anche fra le pietre del vecchio cimitero in disuso da decenni ma ancora pulito e pettinato da non si sa bene chi.

Prendetevi tempo
Per quanto mi dolga dirlo, se il tempo a disposizione non è molto rinunciate a qualcosa, ma godetevi il resto. Non saltate da un castello all’altro come cavallette impazzite, non correte sulle stradine sghembe alla ricerca dell’ultimo museo, dell’ultima distilleria, dell’ultimo monumento.
Ogni castello ha attorno un parco che vi implora di percorrere i suoi sentieri, di scoprire i suoi piccoli giardini rinchiusi fra alte mura, di ascoltare la tranquillità che secoli di cure gli hanno donato.
I due parchi di Dunrobin Castle – casa del Clan Sutherland – e di Dunvegan Castle, che non ho visitato perché altri erano i programmi e debole la mia capacità di impormi, mi sono rimasti impressi come scorci colti dal finestrino dell’auto e null’altro che un (patetico) “se solo…”
Nel programmare l’itinerario tenetevi almeno un paio di ore libere al giorno da riempire al momento fermandovi a bordo strada per lasciar passare un gregge, chiedendo info sulle curiosità locali al gestore del mini-market, riparandovi dopo una corsa sotto una tettoia dalle solite, immancabili, quattro goccioline d’acqua o passeggiando a testa in su fra gli edifici di una di quelle scuole a convitto come nemmeno HarryPotter è riuscito a farci immaginare.

Ok, lo ammetto: sto straparlando. Ma penso che il punto della relazione fra me e la Scozia sia chiaro: se potessi me la sposerei.
Quindi, nel caso un giorno sparissi, il primo dei due-tre posti dove cercarmi è lì.

lunedì 29 settembre 2008

Risultati sondaggio #1

Si è chiuso ieri il sondaggio:

Quale strumento musicale preferisci?


Le persone che
sono state costr... ehm, che hanno gentilmente preso l'iniziativa di votare sono 7 (che ringrazio a nome di tutta la Direzione) e, nonostante il signor Bonjo abbia provato a fregare in tutti i modi, la classifica finale è:

1° Batteria e sottolineerei
Batteria, con 3 voti.
2° Basso e Chitarra a pari merito, con 2 voti.
(So che un numero di sette persone, statisticamente parlando, non è niente, ma per cortesia, concedetemi questa piacevole illusione di vittoria, grazie).

Detto ciò lasciatemi dire che di personaggi che, alla batteria
, hanno lasciato veri e propri inni incisi su vinile, su nastro magnetico o su metallo ce ne sono diversi e certamente nemmeno li conosco tutti. Per rendere omaggio a questo strumento quindi ho scelto il primo grande batterista che mi è venuto in mente e sono andata a cercare qualche sua perla.

Signori, godetevi John "Bonzo" Bonham e i suoi semplici cinque pezzi.





sabato 13 settembre 2008

Dead Parrot


Ah che bello, ogni tanto c'è bisogno di ridere. E come si fa a non ridere davanti ai Monty Pyton... semplicemente magnifici.
Questo sketch, tratto da "E... ora qualcosa di completamente diverso" (titolo originale "And Now For Something Completely Differen", 1971) una raccolta di sketch veramente unica, è uno dei migliori che abbia mai visto. Noleggiate o comprate il dvd, dal 1991 distribuito in Italia (e in italiano, anche se perde un po').
Unici i Monty Pyton, unica la "The Lumberjack song", ricantata in italiano da Bisio ed Elio e le Storie Tese che trovate qui. Magnifici anche loro come vi possiamo testimoniare io e Bonjo (sì a Montale c'ero anch'io!).

Ringrazio Painkiller per avermi fatto conoscere i Monty Pyton!

domenica 7 settembre 2008

Let's do the Time Warp again!!



Su su, che questo blog sta cominciando a prendere la giusta vena di nostalgia...Sarebbe davvero un peccato interromperla proprio ora! E quindi, ripensando oggi a qualcosa di carino e simpatico da condividere con voi mi sono imbattuto in questo video, che mi riporta indietro di almeno un lustro, forse anche qualcosa in più...
Il film a dire il vero non me lo ricordo nemmeno più di tanto, però questa sequenza è veramente indimenticabile...In realtà ricordo anche di un tipo che entra ad un certo punto con la moto, stile metallaro anni '70, ma forse la mia mente (o i metallari...), mi giocano dei brutti scherzi!!

Parlando di cose serie, avete sentito che popò di giro riesce a tirare fuori il bassista? Una cosa da rimanerci secchi! Non so chi sia, però gli rinnovo tutta la mia stima e simpatia che già avevo cinque anni fa per lui! Tra gli ultimi due video (questo e quello di Rory gentilmente offerto da una Caffeine sempre più contagiata dalle basse frequenze) non saprei proprio quale scegliere.
1) Quello di Gerry McAvoy, il bassista di Gallagher, ha un tiro spaventoso. Cioè, riuscire a creare un'atmosfera del genere con un assolo di basso non è una cosa da tutti... In più quel Precision è letteralmente da sbavo! Lo voglio lo voglio lo voglio!!(anche se poi non saprei che farmene)
2) Quello del Bassista Ignoto è puro groove, ritmo... Insomma, è quella cosa che vi fa battere il piedino quando ascoltate la canzone... Diciamo che è più l'idea che ho io del basso!
Quindi, tra i due quale scegliere?
Ovvio:
Tutti e due!!
Bonjo

venerdì 29 agosto 2008

Rory Gallagher - Bad Penny Live at Montreux 1985




Voglio una macchina del tempo, datemi una macchina del tempo!
Io non dovrei guardare questi video perché divento nervosa e patetica.

Non voglio più merda, basta! Sono stanca di schivarla da ogni parte quando esco, quando entro in un pub o quando accendo la radio. Non ne posso più di vagliare la rete per trovare un concerto decente come una morta di fame che cerca un tozzo di pane dal primo miserabile che passa. E quando poi arriva vendere un pezzo di rene, se basta, per comprarmi il biglietto. Voglio i vecchi eroi, quelli che senza troppi effetti speciali ti tiravano su un concerto come quello qui sopra. Quelli che con un 250 e una tenda legata sopra al parafango giravano mezzo mondo. So che ci sono ancora, ci devono essere, ma perché ce li tengono nascosti?

Non è giusto, basta merda.

domenica 13 luglio 2008

Pistoia Blues 2008 e non solo...

Buongiorno a tutti!!!
Sono di ritorno dall'ennesimo concerto settimanale, il quarto per la precisione, e naturalmente voglio condividere con voi tutti la mia immensa gioia! Innanzitutto perché, tra i quattro concerti sopramensionati, ben due mi hanno visto protagonista in prima persona con il mio gruppo, i Chaos Theory, che finalmente hanno esordito guadagnandosi subito un bellissimo secondo posto. Niente da ridire, i gruppi che si sono affrontati erano tutti veramente molto preparati. Alla fine l'hanno spuntata i Funk Totum (immaginatevi che genere suonano su!), seguiti appunto da noi (genere Trash Metal, indicatissimo per una festa dell'unità!) e dal Punk-Rock dei Raul Duke, per poi arrivare fino al Folk-Rock degli Ospiti... Veramente un'esperienza fantastica, soprattutto perché ho avuto la possibilità di conoscere tantissimi musicisti veramente in gamba, e poi anche perché il primo live non si scorda mai...

Comunque veniamo al dunque. Ieri sera ho finito la maratona musicale a Pistoia in compagnia dei mitici, inarrivabili, emozionanti, amabili, infallibili Deep Purple!! Si proprio loro, quelli che hanno scritto Smoke On The Water!
Arrivo in piazza di Pistoia alle sei in punto. Breve ricerca di un luogo dove rifocillarsi e poi via, direttamente in piazza, a ritmo Rock! S'arriva che la piazza è ancora mezza deserta, nonostante già dal primo pomeriggio stiano suonando gruppi più o meno blues. Ci si accampa ad una ventina di metri dal palco, in religiosa attesa...

Ore 21:00 circa. Sul palco sale il mitico Tommy Emmanuel, uno dei più grandi chitarristi contemporanei. Vederlo suonare è una cosa spettacolare e inquietante al tempo stesso... Da una parte perché ti lascia a bocca aperta vedere e sentire quello che sa fare con una chitarra in mano, dall'altra perché la tua autostima musicale, magari appena risollevata dall'aver imparato il pezzo di basso di Smoke On The Water (che magari all'inizio ti sembra anche troppo difficile), ne risente terribilmente...
Esegue una decina di brani, ogni volta incantando il pubblico con qualcosa di nuovo... Una volta utilizza la chitarra come una specie di bongo, un'altra volta suonando le corde nella paletta (!)... La fine del suo concerto vede me e il mio maestro di basso discutere sulla possibilità o meno che riesca a far suonare anche la tracolla...

Ore 22:45 circa. C'è tensione nell'aria e anche un po' di nervosismo. Stare in piedi cinque ore al caldo in mezzo a tanta gente minerebbe l' animo anche dei santi, figuriamoci quello di un gruppo di scalmanati in attesa dei Purple... E loro non arrivano...
Ore 11:00. La musica si spenge e le luci si accendano. La folla comincia a rumoreggiare... Dall'alto dei miei due metri e quattro vedo perfettamente il palco, e anche l'inconfondibile scintillio di una chiavetta di un basso che si sta sistemando, e una bandana color argentato. "O mio Dio" penso "ma quello è papà Glover!". Un attimo di silenzio percorre lo spiazzo, per poi scoppiare in un boato fragoroso appena Ian Gillan e soci fanno il loro ingresso sul palco! Panico assoluto... Per un minuto non si sente altro che grida, battito di mani e annessi urli di gaudio. Poi tutto ha inizio... Qualche colpo di tom e grancassa annunciano l'intro di Picture Of Home, mentre io quasi piango dalla commozione!Che bello!! Dopo tre minuti esatti comincio a fremere perché so quello che sta per avvenire. Prendo la mia ragazza in collo,cosi che anche lei possa vedere (mi dispiace un per quelli dietro di me...) e comincio ad urlarle come un ossesso "guarda Roger!!". Quindici secondi dopo si sente l'inconfondibile salto di ottave di basso...Bellissimo!!
Un applauso fragoroso sigilla la fine del primo brano. Ma lo spettacolo continua!! Si passa a The thing i never said, per poi approdare ad una canzone contenuta nel loro primo album, Into the Fire. Poi tanti altri brani che non posso descrivere per mancanza di tempo e spazio (ma soprattutto di sonno!), per arrivare ad un finale veramente scoppiettante. Basta citare le ultime cinque canzoni: Space Trucking, Highway Star, Smoke On The Water e il bis con Hush e Black Night! Come potrei descrivere l'emozioni durante queste canzoni? Highway Star l'ho cantata (stonato come mi ritrovo) dall'inizio alla fine e, non contento, ho pure doppiato con un "po-po" il riff dell'assolo di tastiera e chitarra. Appena sentiti i primi accordi di Smoke On The Water è venuto giù il mondo! Che spettacolo, non ci potevo credere! Da quante volte l'avrò sentita rifare dai gruppi più disperati, all'inizio ho pensato "poteva mancare Smoke On The Water dei Deep Purple?". Poi mi sono accorto che Loro erano i Deep Purple!! Finale al cardiopalmo con Black Night e nel mezzo un altro bell'assolo di basso di Glover.
Ore 1:20. Torniamo alla macchina. Siamo tutti e quattro esausti ma felici. Rassicuro il guidatore che gli farò compagnia durante il viaggio di ritorno. Venti secondi dopo crollo e mi addormento, risvegliandomi al casello del Valdarno verso le 2:30...

Insomma, nonostante l'assenza di Lazy (un pò ci speravo) e la voce di Ian Gillan che a volte mancava (bè ha sessantatrè anni!) è stato veramente un concerto favoloso... Da vere Rock-Star!!!!
bonjo

giovedì 10 luglio 2008

Isle of Man TT

Vi presento una Suzuki GSXR750K3 nella "Mad Sunday" del Tourist Trophy 2006.
Non so a voi, ma a me viene da dire solo... Che spettacolo gente!!


sabato 5 luglio 2008

Elio e le Storie Tese: live in Montale 4 luglio 2008

Di ritorno da un concerto epocale a Montale!
Che dire? E' la seconda volta che assisto ad un concerto di Elio e le Storie Tese, ed ogni volta è una scoperta e un divertimento nuovo!
Che Elio & company siano dei musicisti di prim'ordine penso che sia fuori discussione. Che siano divertenti da vedere e sentire anche. Ma la cosa più bella è che tutte le volte riescono ad inventarsi qualcosa di nuovo!
Ma andiamo per ordine...

Montale, 4 luglio 2008. A distanza di un anno esatto sono pronto al concerto del nuovo tour. Si fanno un po' attendere sul palco, ma poco importa, poiché già la salivazione è in aumento dopo aver visto lo Yamaha trb6 parcheggiato sul suo piedistallo, posizionato (non a caso!) proprio a una ventina di metri davanti a me. La folla rumoreggia, si assiste ad un via vai di tecnici che accordano la stessa chitarra almeno sei volte (dico io, ma che facevano?Uno la scordava e l'altro la riaccordava?Mah!). Prove dei microfoni tutto ok. Si abbassano le luci e la musica di sottofondo. Si parte finalmente!! Arrivano i musicisti, che sfoggiano dei bellissimi vestiti tipo teatranti dei primi dell'Ottocento. Poche battute, per lasciare tutto lo spazio alla musica!
Belle sorprese sul palco: innanzitutto lo Yamaha trb6 (l'avevo già detto?Pazienza!) e naturalmente colui che lo suona, il mitico Faso. Poi il ritorno di Rocco Tanica, che però è sostituito da un alieno Extraterrestre, Aleppe, del pianeta ì (leggesi ì). La presenza di una voce femminile veramente evocativa (Paola Folli), di un sassofonista (Daniele Comoglio ) e un trombettista (Davide Ghidoni), oltre naturalmente a Cesareo (chitarra), Jantoman (ulteriori tastiere) e il mio musicista preferito, Mangoni!

(Attenzione! Qui di seguito verranno svelate le traccie presenti sul cd brulè, se qualcuno preferisce la sorpresa, è pregato di saltare!)
Le traccie? Dopo l'intro (Plafone) si parte con Ignudo tra i nudisti, seguita a ruota da Gargaroz (bellissima) per poi deviare sui grandi classici con Mio Cuggino. Sempre sulla scia di "operazione nostalgia", si odono le note di T.V.U.M.D.B. Pausetta per scambiare due battute (e incolpare il solito ignoto che con i suoi urli sta rovinando il disco), e si riparte a ritmo di samba, con El Pube (questa mi ha fatto quasi piangere dal ridere!). Si lascia spazio a Amico Uligano, interpretato molto bene da Mangoni che continuamente tira un pallone in una porta messa sul palco. Poi, siccome Montale è noto per essere la patria della disco music, si ha Medley Dance, un miscuglio dei brani Pipppero, La Chanson, Discomusic e Born To Be Abramo. Segue un brano più tranquillo e acustico (Fossi Figo) e in chiusura del cd Brulè la celeberrima Parco Sempione.
Successivamente sono state eseguite tantissime altre canzoni, molte delle quali presenti sul loro nuovo album (eh , è il tour promozionale!), però non sono mancati momenti commoventi, come quando si sono sentiti i primi accordi di Tapparella o il cambio di strumenti che fa da preludio a Oratorium. Per il resto semplicemente fantastici!

Note positive: tantissime. A partire dal prezzo del biglietto, 16 euro, che è più basso della media di altre esibizioni analoghe. Per di più hanno suonato per più di un'ora e mezzo (anche se a detta di Elio in playback, perché sarebbe stato impossibile suonare cosi bene!).
Sorvolando sulla perfezione di esecuzione, che è ormai un dato assodato (e solo questo è un motivo più che valido per andare a sentire un concerto):
-Bellissimo il pezzo di slap sul manico (!) di Faso nell'Intro di Mio Cuggino.
-La diteggiatura di Faso sulla tastiera del suo sei corde (non perde mai la posizione, una cosa incantevole da vedersi!)
-Gli assoli di Faso sulla tastiera del suo sei corde
-L'accompagnamento di Faso sulla tastiera del suo sei corde
-Faso
-Il suo sei corde
-Momento esilarante durante l'esecuzione di Suicidio a Sorpresa, quando Mangoni (sempre lui!) ha incendiato una chitarra sul palco...
-Tralascio le battute varie tra una canzone e l'altra.
-Il cd Brulè alla fine del concerto.

Unica pecca, se posso permettermi, è il fatto che molti brani "storici", come Servi della Gleba, Cara ti Amo, Cassonetto Differenziato e Burattino senza Fichi non hanno trovato spazio nella scaletta. Peccato, perché apparte il fatto che sono sempre molto belli da cantare, hanno tolto un bel po' di sano slap a Faso (che non fa mai male)... Ma vi assicuro che lo spettacolo è garantito lo stesso!
Bonjo

giovedì 26 giugno 2008

Quanto costa il mondo?

O meglio... Quanto vale la Terra? Immaginiamo che la Terra venga venduta a un manipolo di immobiliaristi fratelli di ET, su cosa si baserebbero per decidere qual'è il prezzo della Terra? Ogni buon impiegato di Tecnocasa sa che ci sono criteri sui quali basarsi per stabilire il prezzo di un immobile, ora, anche se la Terra non è immobile (come qualcuno ci voleva fa credere), ci pensano Costanza e altri studiosi a rispondere a questa domanda.
Costanza e gli altri hanno studiato vari ecosistemi e biomi, poi hanno moltiplicato il valore che veniva fuori per questo per tutta la loro estensione e li hanno sommati insieme. Da questo è venuto fuori che la Terra “smuove” una produzione di ben
16-56 trilioni di US$ (10 alla dodicesima!) l'anno, con una media di 33 trilioni US$ annui. Tutto a fronte di un prodotto interno lordo mondiale di circa 18 trilioni di US$ annui.
Si sono basati sui “
servizi” che i vari ecosistemi terrestri svolgono per la Terra e che l'uomo sfrutta inserendo nella propria economia. Questi servizi hanno varie tipologie e vi vengono inserite anche le materie prime prodotte, anche queste intese come un servizio all'umanità. Alcuni esempi, particolarmente interessanti ai giorni d'oggi posso essere: la capacità di accumulare rifiuti; la capacità di assorbire CO2; la difesa da eventi devastanti... Ce ne sono tante categorie, 17 addirittura, molte delle quali sono servizi che autoalimentano il sistema. Una particolarità di questo studio è che pondera solo le risorse rinnovabili, quelle non rinnovabili non vengono nemmeno prese in considerazione. Allora anche le risorse rinnovabili sono poco rinnovabili? Sì, se stressiamo troppo un ecosistema ecco che questo non si rinnoverà.
Costanza si chiede anche quale sia il servizio che è più importante, e quale di questi se viene a mancare è più deleterio. Viene fuori che è di gran lunga il più importante, con un ordine di grandezza sopra gli altri, la “
formazione del suolo”. E questo è vero, perchè senza suolo non ci sarà nessun ecosistema e senza nessun ecosistema nessun altro servizio reso all'uomo. Quindi la notizia più brutta che possiamo sentire al telegiornale dovrebbe essere la degradazione del suolo ad opera di attività umane...
Meditate gente meditate...

The value of the world’s ecosystem services and natural capital
Robert Costanza, Ralph d’Arge, Rudolf de Groot, Stephen Farberk, Monica Grasso, Bruce Hannon, Karin Limburg, Shahid Naeem, Robert V. O’Neill, Jose Paruelo, Robert G. Raskin, Paul Sutton & Marjan van den Belt

mercoledì 18 giugno 2008

Addio Sergente

Il 16 giugno Mario Rigoni Stern è morto a 86 anni, ha "lasciato le sue ossa" nelle "sue montagne" ad Asiago, circondato solo, e direi anche giustamente, dalla sua famiglia.
In questo post avevo pensato di fare qualche misera considerazione personale sull'opera più diffusa dello scrittore, ma poi ho ritenuto la cosa del tutto inutile perché non so nemmeno se, escluso forse nelle scuole vicentine, si faccia leggere ancora Il sergente nella neve.
Se il mio timore fosse fondato, prima ancora di preoccuparsi dei contenuti del libro, ci sarebbe da domandarsi: a chi serve "la memoria"? Che senso hanno tutte quelle date fissate in ricordo di avvenimenti significativi, spesso tragici, come il 27 gennaio, il 25 aprile o il 10 febbraio, se molti ragazzi, usciti dalle superiori, sanno vagamente cosa è successo nella prima metà del Novecento e conoscono la seconda metà solo attraverso i romanzi di spionaggio (ad essere ottimisti).
Per chi sono quelle ricorrenze, per mio nonno? Che quasi non si ricorda più come si chiama, ma sa raccontare i giorni di prigionia come se fossero stati ieri. Per i morti? Che continuano ad essere prodotti per le stesse identiche ragioni. Per noi? Che così ci facciamo un giorno di festa o più di uno, se abbiamo il culo di infilarci un ponte.

Ovviamente non so dare una risposta, quello che so è che le date servono a poco, sono una facciata e se non c’è di mezzo una vacanza si dimenticano subito dopo averle sentite. Un libro come quello scritto da Rigoni Stern (e come altri finiti nel dimenticatoio), invece, serve a molto: serve a capire meglio quello che freddamente ci riferisce il manuale di storia; serve come punto di partenza per chi ha sentito nominare spesso la Seconda Guerra Mondiale, ma l’ha studiata negli ultimi sette giorni di scuola solo perché: “Cazzo, che gli racconto all’esame?”; serve perché non spiega le cause e le ideologie che stanno dietro agli avvenimenti dell’epoca, ma racconta un’esperienza nuda e cruda che, forse, può istillare nel lettore la voglia di sapere di più riguardo a quelle circostanze.

Per concludere il mio solito sproloquiare voglio ricordare anche l’opera teatrale dal titolo “Il Sergente” di Marco Paolini, così ben fatta e sentita da riuscire a convincere Mario Rigoni Stern ad assistere di persona allo spettacolo, scendendo, forse per l’ultima volta, dalle sue amate montagne.

sabato 7 giugno 2008

Cambiamenti Climatici

Il 5 giugno si è tenuta a Wellington, in Nuova Zelanda, la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Il tema principale della manifestazione ruotava attorno ai cambiamenti climatici e un’attenzione particolare è stata rivolta alle possibilità che i Paesi, le industrie e le comunità hanno di modificare i loro comportamenti per arrivare ad economie e stili di vita a basso contenuto di CO2. In attesa di trovare materiale attendibile con le notizie e le conclusioni dell’incontro, vorrei spendere qualche parola proprio sugli effetti a scala mondiale dei cambiamenti climatici e del global warming di cui Agron ci ha parlato.

Nel 1995 è nato l’IPCC (International Panel on Climate Change) che, utilizzando la rete meteorologica mondiale, ha stimato un incremento di temperatura compreso fra 1.4 e 5.8 °C entro il 2100 con un innalzamento di un metro del livello del mare. Più pessimistiche sono invece le stime del centro di ricerche climatiche Hadley in Gran Bretagna che per lo stesso periodo di tempo prevede un incremento della temperatura da 7 a 10 °C. Se ipotizziamo una media fra queste previsioni nei prossimi cento anni (ad essere proprio proprio laschi) andremo incontro ai seguenti problemi.

  • Le aree periferiche dei ghiacciai polari si scioglieranno. Il disfacimento del permafrost al nord sta già causando diversi problemi in Canada e in Alaska poiché il substrato, acquistando una consistenza melmosa, non è più in grado di sostenere le infrastrutture. Mentre al Polo Sud sta drasticamente diminuendo il numero di alcune popolazioni di animali.
  • I ghiacciai alpini, rimasti stabili dal 1450 al 1850, si ridurranno più del 40%.
  • Le aree costiere verranno allagate. Per fare degli esempi concreti, con un innalzamento del mare di 3 metri, a Manhattan finirebbero allagati, fra tanti luoghi, Wall Street e il World Trade Center. Con un innalzamento di 1 metro, 1 miliardo di persone si troverebbe in seria difficoltà non solo dal punto di vista urbanistico, ma anche sanitario poiché i virus locali, disperdendosi in mare, si trasferirebbero da una zona all’altra della Terra. La questione dei “profughi ambientali” è già talmente preoccupante che l’Alto Commissariato per i Profughi delle Nazioni Unite, creato nel 1950 per gestire gli esodi avvenuti a seguito della II Guerra Mondiale, ha declinato ogni responsabilità nell’affrontare questa crisi. Attualmente questo problema riguarda circa 25 milioni di persone sparse per il mondo, ma potrebbe diventare di dimensioni bibliche se le previsioni dell’IPCC, che sono fra le meno pessimistiche, si dimostrassero esatte (secondo l’Università di Oxford i cambiamenti climatici creeranno circa 150 milioni di profughi entro il 2050).
  • Aumenteranno le ondate di calore. Le estati saranno molto più calde, ma soprattutto si verificheranno picchi improvvisi di temperatura che porteranno alla morte degli individui più deboli e che determineranno un aumento della frequenza e della intensità degli incendi.
  • Il Mediterraneo tenderà a diventare subtropicale con un prolungamento dei periodi secchi e un addensamento delle precipitazioni che diverranno di tipo monsonico. Questi effetti saranno molto più forti nelle aree con catene montuose nei pressi del mare (Liguria, Alpi Apuane, Sorrento, Calabria ecc) e ne sono un esempio le alluvioni avvenute proprio in queste aree: Genova, Valle del Frigido-Serravezza, Sarno ecc.
  • Cambierà la salinità del mare e con essa le correnti marine. Questo porterà a modificare il clima dell’Europa con un abbassamento delle temperature e un aumento della piovosità.
  • Nelle aree subdesertiche dell’Africa le pioggia tenderanno a diventare sempre più aleatorie. Questa situazione renderà le popolazioni autoctone incapaci di mettere a punto previsioni climatiche indispensabili per programmare sistemi di immagazzinamento.
  • La produzione di alcune specie di elevato interesse alimentare potrà diminuire. Per esempio è stato studiato che la fertilità del riso, dalla quale dipende gran parte dell’alimentazione del sud est asiatico, diminuisce del 10% all’aumentare di un grado al di sopra dei 30°C.
  • Piante e animali migreranno. Due terzi delle farfalle europee vivono più a nord di 50-300 chilometri rispetto a qualche decennio fa.
  • Si trasformeranno gli ecosistemi. Le grandi praterie semiaride in Arizona, Texas, Messico ecc, con l’aumento delle precipitazioni, vedono già la comparsa di arbusti.
  • I confini dei grandi parchi dovranno adattarsi ai cambiamenti climatici per inglobare gli ecosistemi che hanno variato la loro delimitazione.
  • I colori dei paesaggi varieranno. Per esempio i famosi colori degli aceri delle aree del Canada meridionale non si ritroveranno più in quella zona perché saranno sostituiti da quelli dei pioppi: si passerà dal rosso-arancio al giallo.
Ho parlato di stime e per comodità ho usato il futuro, ma è un’impostazione mentale sbagliata perché i problemi causati dai cambiamenti climatici sono in corso ORA e riguardano NOI. A testimonianza di ciò riporto le parole dette dal Presidente della Repubblica di Kiribati Anote Tong: «Sta diventando un problema la semplice sopravvivenza. Continuiamo a spostarci verso l'interno delle isole, visto che il mare continua a coprire parte delle spiagge e delle coste, ma fino a quando potremo farlo? […] I paesi che non hanno voluto sottoscrivere il protocollo di Kyoto devono ora prendersi la responsabilità morale di quanto sta accadendo».

Kiribati

venerdì 23 maggio 2008

Arezzo, la mia città 0.1


Con questo post voglio inaugurare un argomento a me particolarmente caro, ovvero, Città e Paesi di Italia. E come non iniziare con Arezzo, la mia città, che io amo e di cui sono oltremodo fiera!
Non starò a parlarvi della sua collocazione geografica o della sua
storia, reperibili in ogni dove, quello che intendo fare è di portarvi in giro per le sue strade, "mostrandovi" ciò che di bello c'è da vedere. Supponiamo quindi che sono le nove del mattino, il vostro treno è appena arrivato alla stazione ed io sono lì ad aspettarvi; un caloroso saluto di benvenuto e poi via, si parte, con gli occhiali da sole o l'impermeabile ('che tanto il tempo non ci spaventa) alla volta di Arezzo.

Usciamo dalla stazione e, svoltando sulla destra, vi faccio notare la fontana del giardinetto che stiamo attraversando. Al centro di essa, infatti, si trova una riproduzione in bronzo della Chimera (simbolo di Arezzo
assieme al Cavallino Rampante), una statua etrusca di splendida fattura rinvenuta nel 1554 a S. Lorentino, un quartiere della città, e adesso collocata al museo archeologico di Firenze. Mentre vi spiego questo siamo già arrivati ai Bastioni di Porta Santo Spirito, un residuo delle vecchie mura, che ci introducono nel Corso Italia e quindi nel centro storico.
Proseguiamo fino a piazza S. Jacopo e da lì svoltiamo a sinistra verso via dell'Anfiteatro per andare a vedere… indovinate cosa? Esatto, l'Anfiteatro Romano e, per i più volenterosi, il museo Archeologico. L'anfiteatro, edificato nei primi anni dell'impero, era di forma ellittica a più ordini di gradinate e poteva contenere diverse migliaia di spettatori. Quando l'Impero Romano crollò i Re Franchi lo donarono alla Chiesa aretina e, se da prima fu utilizzato come luogo di riunioni, in seguito si preferì utilizzarne i marmi e i materiali più preziosi per la costruzione del Duomo Vecchio e del Convento di San Bernardo, parte del quale oggi ospita i reperti etrusche e romani del museo. Entrando, si vede tutta la platea contornata da pochi ruderi e un busto di Caio Cilnio Mecenate (Arezzo, c. 68 a.C. - 8 d.C.), il consigliere di Augusto che formò un circolo di intellettuali fra cui Orazio, Virgilio e Properzio. Terminata la visita all'anfiteatro torniamo indietro e continuiamo la nostra camminata lungo il Corso Italia, il vecchio Borgo Mastro, fra negozi, palazzi e chiese antiche.

Arrivati dove la salita si fa più ripida ci fermiamo
ad ammirare in tutta la sua bellezza la Pieve di S. Maria, sulla quale svetta il campanile detto "dalle cento buche" per le numerose bifore. Non starò a descrivervi tutta la storia di questo edificio, piuttosto travagliata direi, però vi assicuro che era lì già a partire dall'XI secolo; magari non esattamente in questa forma, ma di sicuro con la sua navata centrale. Visto il secolo lo stile è inconfondibilmente romanico e lo si nota non solo nella struttura della chiesa, ma anche nelle decorazioni che si trovano sulle varie porte. Da notare, su quella centrale, le figure di "Santi" scolpite sull'architrave, "La Vergine in mezzo a due angeli" nella lunetta (datate 1216) e nell'archivolto le allegorie dei "Dodici mesi dell'anno" scolpite nella seconda metà del XIII secolo. Anche l'interno della chiesa conserva assolutamente lo stile mistico e austero tipico dell'arte romanica. Va detto però che nel Cinquecento provarono, per altro riuscendoci, a rovinare il suo aspetto: interrando la cripta, aprendo nuove finestre e porte, costruendo volte a botte, ma il restauro avvenuto alla fine del 1800 ha limitato, almeno per noi, i danni. A questo punto vi lascerò vagare silenziosi e rapiti, ne sono certa, per le navate, il presbiterio e la cripta, limitandomi a farvi porre attenzione, fra le tante cose, al Polittico di Pietro Lorenzetti (sull'altare maggiore), che è una delle opere migliori di questo artista; all'affresco sul pilastro sinistro del presbiterio raffigurante "S. Francesco e S. Domenico" attribuito a Giotto dal Vasari; e al reliquiario rappresentante il busto al naturale di S. Donato (martire e patrono della città), opera in argento del 1346 fra le più insigni del suo genere.


Usciamo e guardo l'orologio, sono le dieci e trenta, giusta ora per la seconda colazione o per prendere un caffè ad uno dei tanti bar che ci sono a pochi passi da noi. Facciamo quindi una
pausa, ma la sosta non sarà lunga presto ci ritroviamo per la seconda parte del giro.

martedì 13 maggio 2008

Old Boiler Band

Eccoci qui di nuovo...Puntuale e piacevole come la febbre quaternaria, a volte anche quelli che sembrano persi nelle nebbie ritornano! So che dovrei parlare di altre cose (come Dublino) ma i miei amici irlandesi non se ne abbiano, perchè ho trovato un pò di ispirazione e prima che mi passi volevo provare a buttare giù un post decente. Grandi novità quindi; si parlerà di musica!!
Sono stato a sentire in quel di Rosano (Bagno a Ripoli - FI) un gruppo che avevo già avuto l'onore e la possibilità di seguire in un'altra data quasi per caso: gli Old Boiler Band. Prima di gettarmi a capofitto negli elogi, volevo raccontare un pò la mia esperienza.
Come dicevo, il nostro primo incontro avvenne durante un concorso chiamato campanile rock, ove partecipava il mio maestro di basso. Tra i gruppi che si sfidavano, c'erano appunti gli OBB. Ora, come è risaputo, sono quattro le cose che mi fanno smattare in modo particolare: aeroplani della seconda guerra mondiale (non è questo il caso), libri in generale (neanche questo), bei bassi (e li ce n'era qualcuno carino, compreso quello del mio maestro :) e il film dei Blues Brothers.
Ebbene, figuratevi la mia reazione appena sento giungere alle mie incredule orecchie le prime note di She Caught The Katy! Meraviglia delle meraviglie! Se poi uniamo a questo la bellezza del basso e anche la perfezione di esecuzione, capirete che mi trovavo ad un passo dall'infarto. Quei quattro brani fuggirono con la velocità del vento, mentre io con gli occhini lucidi e le orecchie aguzze non perdevo un movimento, una nota di quello che stava accadendo intorno a me... Alla fine del concerto ebbi poi la possibilità di fare quattro chiacchiere con il cantante-chitarrista, ma la cosa fini li, almeno il primo atto... Qualche giorno dopo infatti, girovagando su internet, mi imbattei nel loro myspace e scopri con felicità che il sabato avrebbero suonato in un pub della zona. Si prende baracche e burattini e si parte. Ora posso descrivere quello che avvenne.
Il concerto è stato bellissimo e lunghissimo, più di due ore, ma il tempo sembrava veramente passato velocissimo. Gli OBB suonano rock-blues, e accanto a brani di artisti che conoscevo (J.J. Cale, Bob Dylan, Eric Clapton, Beatles, Elvis Presley, Jerry Lee Lewis) ce n'erano tanti altri di artisti semisconosciuti (per me ovvio!). Tutti i brani sono riarrangiati dal gruppo in modo impeccabile. La tecnica, almeno dal mio umilissimo punto di vista, rasenta la perfezione, con un bel walking bass che mi ha fatto sobbalzare il cuore ad ogni nota.
Il bello di questi concerti è poi il fatto che alla fine è sempre possibile scambiare due chiacchiere con i componenti del gruppo (che devo dire veramente molto disponibili). Da questo incontro è venuto fuori che:
1) la musica blues è praticamente sconosciuta alla maggior parte dei miei coetanei. Questo è un vero peccato, perchè in fin dei conti è il minimo comune denominatore anche a molti generi musicali di oggi, come il rock e tutti i suoi sottogeneri (dal rock classico al metal). Il blues non è una musica solo per gli "addetti ai lavori" cioè riservata soltanto a musicisti o chi capisce di musica e non è nemmeno una musica triste o lagnosa come di solito si crede. Sono emozioni, sentimenti, gioie e dolori impresse indissolubilmente a quella semplice struttura, cosi difficile però da eseguire bene. La cosa sconfortante era vedere il pub semi-deserto mentre i ragazzi fuori aspettavano l'inizio della "musica" disco.
2) Anche per chi suona trash-metal c'è la speranza, un giorno, di fondare un gruppo rock-blues.
3) Un giorno fonderò un gruppo rock-blues!

P.s. Mi rivolgo direttamente agli Old Boiler Band, casomai leggessero questo post... A nome di tutta la direzione aspettiamo anche una bella cover di Rory Gallagher!!

venerdì 9 maggio 2008

Vi ricordate i Bee Hive?


Diciamo subito che questo post è della serie: "Oggi non avevo voglia di fare un cavolo" e il risultato è che vi beccate 'sta stupidaggine.
Allora, quelli che hanno almeno un 8 nella terza cifra dell'anno di nascita, si ricorderanno di Kiss me Licia (mi riferisco al cartone animato, eh! Il telefilm cerco ancora di dimenticarlo, non hanno funzionato né le martellate in testa né l'ipnosi) e dei Bee Hive. Per quanto riguarda me posso tranquillamente affermare che è stato il primo gruppo per cui sono andata di fuori; avevo cinque o sei anni quando ho visto per la prima volta il cartone, non capivo una cippa della trama, ma quando Mirko cantava e gli altri suonavano mi esaltavo proprio. Ma veniamo al cazzeggiare di oggi, mentre frugavo la vasta rete mi sono imbattuta per caso nei demo delle canzoni di Debut Bee Hive, la colonna sonora originale che, al tempo, uscì in Giappone e che contiene tutti i brani arrangiati poi anche in italiano, più alcuni inediti. Ecco, se la cosa non vi crea orticaria o allergie varie, ascoltate i demo dei due inediti Rockin' all Night,
Midnight Rock'n'Roll Star e provate a rispondere alle due domande che mi sono fatta.
1. Perché in Italia si scartano sempre le cose migliori?
2. Perché canzoni create per un cartone animato super sentimentale e da ragazzine devono essere mille volte più Rock di quelle fatte dalle cosiddette rock band attuali?
Mah, per me sono i tristi misteri della vita.

Link di riferimento:
http://www.beehive.it/Beehive_Stranieri.htm

martedì 22 aprile 2008

Jeffery Deaver secondo me

Lo ammetto, questo post è iniziato subito con un fallimento che ha mandato a farsi benedire l'idea iniziale con cui mi ero messa a scrivere. La mia intenzione, infatti, era quella di scegliere uno fra i tanti libri di Jeffery Deaver, farne un breve riassunto e scrivere le mie impressioni, niente di più banale e scontato, mi sono detta.
Grossa ingenuità la mia!
Scegliere non dico il titolo, ma anche solo il criterio con cui decidere è stata un impresa impossibile. Prendo il primo che ho letto? Bello, niente da dire, ma non mi permette di parlare di Lincoln Rhyme, IL personaggio di Deaver. Opto per il primo che la casa editrice Sonzogno ha pubblicato? Assolutamente no, dal momento che non è l'opera più rappresentativa dell'autore e lo stesso dicasi per l'ultimo. Ok, scelgo il mio preferito e festa finita.
Seconda grossa ingenuità.
Individuare il mio preferito fra diversi dei suoi romanzi è come rispondere alla fatidica domanda: vuoi più bene al papà o alla mamma?
Dopo un bel po' che rimuginavo su questa cosa ho deciso di abbandonare il proposito di fare una "recensione" su un'opera e concentrarmi invece sull'autore. Quindi in questo post non troverete riassunti o commenti vari, ma solo dieci motivi per leggere Jeffery Deaver.

  1. I suoi libri sono Thriller, non Gialli né Polizieschi, ma Thriller nel più autentico significato del termine.

  2. La sua scrittura è piacevole, ma soprattutto essenziale. Le pagine, in media quattrocento a libro, sono riempite da fatti e da eventi. Non si trovano, quindi, descrizioni senza fine dei pizzi che decorano le tende nella stanza del delitto, né voli interminabili dietro la psicologia del panettiere che ha venduto lo sfilatino alla vittima, ma "solo" una trama che costringe all'apnea per tutta la sua durata.

  3. Le trame non solo sono mozzafiato, ma sono anche attinenti alla realtà, essendo sviluppate dall'autore dopo un attenta ricerca e una dettagliata documentazione tramite libri, riviste di settore e interviste ad esperti dell'argomento trattato.

  4. In ogni opera, pur seguendo lo schema classico del Thriller, affronta un argomento specifico e ben approfondito, il quale spesso esula dalle competenze richieste durante un'investigazione, ma ovviamente rende la storia più accattivante. Per fare degli esempi: in Profondo Blu tutto ruota attorno all'informatica; ne L'uomo scomparso entriamo nel misterioso mondo dell'illusionismo; ne La luna fredda affrontiamo l'affascinante tema della cinesica; ne Il giardino delle belve Deaver apre una finestra nella Germania nazista, mentre ne La lacrima del diavolo facciamo conoscenza con un esperto calligrafo. Senza ovviamente dimenticare il regno di Lincoln Rhyme fatto di prove fisiche, analisi del DNA, gascromatografi, microscopi a scansione elettronica, ecc. reso forse più famoso da Anthony E. Zuiker, il furbone che ha ideato successivamente CSI.

  5. In storie realistiche Deaver non può fare altro che piazzare personaggi reali. Soprattutto nelle opere più "mature", quelle a partire dalla fine degli anni '90, non troverete giornalisti, avvocati, postini o scolari che si improvvisano Rambo, ma solo specialisti che sanno fare molto bene il proprio lavoro e che assieme a tutti i loro pregi non si vergognano di mostrare i loro indispensabili difetti.

  6. Le storie sono un susseguirsi di colpi di scena davvero poco prevedibili e soprattutto ben strutturati dal momento che non piovono dal cielo senza la minima ragione di esistere. Per farmi capire, il suo colpo di scena non è, per esempio, la morte inaspettata di qualcuno. Deaver è capace di renderti certa la morte di un personaggio e alla fine del capitolo farne invece morire un altro e tutto ciò in modo perfettamente giustificabile a posteriori.

  7. Per il 6, fino alla fine non si sa mai chi è il vero colpevole. Chi lo indovina lo fa appunto perché ha tirato a caso e personalmente non conosco nessuno che mi abbia dato delle motivazioni plausibili alle sue supposizioni.

  8. Ha creato nel 1997 Lincoln Rhyme, il tetraplegico più cinico, pretenzioso, scorbutico, dispotico e intelligente della storia della letteratura. Anche qui, se sostituite ad una lesione alla quarta vertebra cervicale una gamba zoppa e alla criminologia la medicina, non vi viene in mente nessuno?

  9. Nonostante alcuni suoi romanzi facciano parte di un ciclo (tradotti in italiano sono quelli di John Pellam, di Lincoln Rhyme, e di Kathryn Dance), sono tutti "autostrutturati" e si possono leggere singolarmente senza il minimo problema. Chi però li ha letti tutti si rende conto che l'autore si è creato degli Stati Uniti tutti suoi, dove i suoi personaggi convivono, si spostano e, non di rado, si aiutano con rapide consultazioni o con vere e proprie collaborazioni, proprio come accade fra esperti nel mondo reale.

  10. Deaver è consapevole che la sua è una letteratura di intrattenimento e per questo cerca sempre di creare opere piacevoli, leggere e, soprattutto, che non fanno rimpiangere il tempo (e il denaro) speso per leggerle.
Se queste per voi non sono dieci ottime ragioni per scoprire un nuovo autore ed entrare fra le schiere dei suoi appassionati, non mi resta che minacciarvi di rendervi uno dei suoi prossimi personaggi... La vittima, si intende.

martedì 15 aprile 2008

C'è bisogno di ridere

Che vergogna, un mese senza aggiornamenti! Ma in queste tristi giornate d'aprile c'è ben poco da raccontare.
Per tirarmi un po' su il morale ci sono voluti loro, i mitici toscanacci del Nido del Cuculo, vediamo se fanno lo stesso effetto a qualcun altro.
Ah, un avvertimento, chi generalmente si sente offeso, turbato, sconquassato e quant'altro da un linguaggio scurrile e da contenuti poco eleganti EVITI di premere play, grazie.



domenica 16 marzo 2008

Ciao....Mi kiamo Bimbominkia!!!! Vuoi essere mio amiko??!!?

Quando mi è stato gentilmente (anche troppo, vero Nemobius?) chiesto di fare un post sui bimbiminkia non ho opposto particolare resistenza perché di cose da dire credevo di averne a sufficienza. Ebbene, nel momento in cui mi sono messa a scrivere mi sono resa conto che gli argomenti da trattare rasentano quasi l'infinito, pertanto ho deciso di partire da due esempi tratti da quell'inesauribile fonte di sapere/divertimento/sofferenza che è Yahoo Answers e da qui cercare di capire come funziona il buco nero che, contro ogni legge della fisica, è contenuto all'interno delle loro scatole craniche.

Bimbominkia n°1

"ciao ragazzi,ho sentito ke tra qualke giorno i linkin park andranno a TRL(MTV)..visto ke nn ho molti riferimenti vorrei sapere se qualkuno conosce il giorno e l'ora del loro arrivo..se avete altre notizie importanti inviatemele!grazie"


Bimbaminkia n°2

"salve volevo kiedere se sapete se i tokio hotel faranno dei concerti a roma xkè io ho senitto dire k vengono ma su internet nn c'è nnt di ke .... xfavore! se lo sapete ditemelo!! grz ! baci !!
W TOKIO HOTEL!!!!!!! ps bill NN è gay! ha detto in un intervista k gli piacciono le femmine ahah!!!! alla faccia del 90% k pensa il contrario!!!!!!!!!"

Prima di tutto analizziamo alcune analogie. Si può facilmente notare che il bimbominkia non conosce la grammatica italiana (o quantomeno non la stessa grammatica che hanno insegnato a me alle elementari) e questo lo porta a imbrattare le pagine web con lettere a casaccio che nella grande Comunità dei suoi simili formano parole dal senso compiuto, ma che per la gente normodotata non significano un accidente. Per esperienza personale vi consiglio di non domandarvi il motivo del loro comportamento poiché la facile spiegazione del risparmiare spazio o tempo vi può trarre in inganno, ma poi arriva una maledetta parola come, cito dal bimbominkia n°1, "qualkuno" e allora tutto il ragionamento fatto crolla e si entra in un vortice di deficienza che non finisce più.

Altra analogia, non tanto immediata come la precedente, ma facilmente deducibile dalle domande che fanno (non solo in rete), è che tali creature non sono in grado di cercare da soli le risposte. Se un dubbio di qualunque genere attraversa il vuoto nelle loro teste, la possibilità di chiarire il dilemma da soli, spulciando internet da cima a fondo o consultando quelle cose obsolete, fatte di carta e che i vecchi chiamano libri, è praticamente inesistente. Dapprima chiedono immancabilmente alla Comunità, tuttavia, ricevendo da questa risposte a casaccio, contrastanti e prive di senso, sono costretti a rivolgersi altrove, impestando così forum, motori di ricerca e scuole con tutte le minchiate che li turbano (da qui appunto il nome).

L' ultima caratteristica che voglio analizzare fra le infinite e che accomuna tutti i bimbiminkia è una certa ingenuità nel pensare che io, essendo cattiva, insolente e di mentalità vecchia, chiamo semplicemente stupidità. Nell'esempio n°2 la signorina... no, non non ce la posso fare, ridere e piangere contemporaneamente fa decisamente male alla salute, quindi leggete l'ultima riga e mezzo e commentate da soli.


Le differenze sono purtroppo ancora più numerose e intricate delle somiglianze e questo perché al contrario dei bimbi metallari, nerdoni, secchioni ecc, che si specializzano in un solo settore, i bimbiminkia spaziano impunemente in tutti gli ambiti della comunicazione, utilizzando come strumento di conoscenza la TV con annesso il Grande Fratello (e simili) di turno. Quindi, se è praticamente certo scovare i personaggi in questione a Top of the Pops, non è escluso trovarne altri interessati a generi che la Comunità considera alternativi, ma mai sfigati. Voglio dire, chi preferisce i Limp Bizkit, gli Slipknot, i T
okio Hotel è qualcuno che non è interessato a roba soft, che ascolta... (Calma... inspira, espira, inspira, espira...) ascoltalamusicarock (puha, l'ho detto), musica forte, che spacca (io non vi ho assolutamente suggerito cosa) e che va contro le tendenze, ma i bravi bimbiminkia questa musica non la trovano nel locale sconosciuto dietro casa o in un cd che nessuno considera. La trovano comunque a TRL e in cima alle classifiche di MTV, dal momento che tutto ciò che non passa MTV e viene prima di Gigi D'Ago è solo roba vecchia o da sfigati (le due cose spesso coincidono).

Seguendo le tracce dei due esempi, mi sono fermata a considerare il fenomeno solo dal punto di vista musicale (e nemmeno minimamente vicino alla sua totalità), ma basta guardarsi intorno per scoprire che non esiste campo (se si esclude quello di patate) che non sia malmenato da questa piaga, primo fra tutti quello della scrittura amatoriale... Ma questa è un'altra storia che lascio volentieri alle grinfie di qualcuno più esperto di me.

Voci correlate:
Dell'emo, o del perché devono essere tutti cecati da un occhio

giovedì 13 marzo 2008

Buon Compleanno Bonjo



Tanti tanti auguri da tutto il blog!!

mercoledì 5 marzo 2008

Whisky Trail: "Celtic - Folk" all'italiana

E' un po' che non bazzico su 'sto blog, ma purtroppo l'esame di Anatomia Comparata mi tiene lontano dal sacro dovere. Ma oggi, mentre girellavo distrattamente su internet, ho trovato una notizia che mi ha riempito il cuore di gioia! Già da lunedì, quando ho scoperto che al Pistoia Blues quest'anno suoneranno niente popò di meno che quei simpatici sessantenni dei Deep Purple, l'agitazione è alle stelle. A questa oggi se ne è sommata un'altra, con il nome di Whisky Trail all'Irlanda in Festa di Firenze, che proprio come una sommatoria temporale del potenziale post-sinaptico delle cellule nervose, mi ha inevitabilmente fatto superare la soglia di eccitazione!
Per chi non li conoscesse, gli Whisky Trail sono un gruppo fiorentino secondo me difficilmente identificabili in un genere musicale. Sono un'unione tra musica celtica irlandese-scozzesse-gallese con elementi folk provenienti sempre da oltremanica, ma inevitabilmente miscelati qui in Italia. In pratica, sono riusciti a rendere quella musica tipica del popolo celtico qualcosa di accessibile anche ad un pubblico non-celtico, traducendo suggestioni e miti di una terra che da sempre affida alla musica un ruolo centrale (oserei dire vitale), in qualcosa capace di emozionare tutti gli ascoltatori.
Ho assistito a 3 spettacoli degli Whisky Trail e tutte le volte mi emoziono sempre tantissimo. In realtà non posso definirli nemmeno spettacoli, perché è molto di più. Non solo lo spettatore ascolta, ma partecipa al concerto! Giulia, la cantante violinista, non si limita a suonare (tra l'altro in modo stupendo), ma quando i "suoi" attaccano con qualche ballata (o giga), lascia lo strumento sul palco e scende tra la gente per insegnare qualche ballo tradizionale!! Con un po' di coraggio (e un paio di Guinness nello stomaco) ho provato pure io che ho l'elasticità di un tronco di quercia, e tutte le volte mi sono divertito tantissimo (i piedi dei miei compagni di ballo meno!). Anche quando eravamo solo in 4 in un locale pieno di gente che batteva le mani, è stata un'emozione unica, davvero! Alla fine delle danze, Giulia, che ha ballato tutto il tempo con noi, insegnandoci i passi volta volta, si mette al centro e dice: "fate un bell'applauso ai ballerini" e noi, dopo l'inchino d'obbligo, ci rimettiamo a sedere pronti a scattare nuovamente al minimo cenno. Semplicemente FANTASTICO!!
Per quanto riguarda la musica, non posso dire niente, perché non va ascoltata, va vissuta! E' qualcosa che colpisce direttamente il cuore e l'anima, che ti porta in luoghi lontani e suggestivi.
Alla fine del concerto poi c'è la possibilità di scambiare due chiacchiere con i componenti del gruppo, farsi una foto e acquistare un loro cd, magari chiedendo un consiglio proprio agli autori.
Tutto questo si può racchiudere in un antico proverbio irlandese, che descrive appunto un pub dove, come quasi ogni sera, suona un qualche gruppo folk: "Qui non ci sono sconosciuti, ci sono solo amici che non si sono ancora mai incontrati".

martedì 4 marzo 2008

MotoGp 2008 al via!

Manca poco meno di una settimana al grande evento che scatena l'adrenalina negli appassionati di moto e velocità; dopo lo scorbutico mondiale SuperBike, iniziato il 24 febbraio, il 9 marzo è la volta della MotoGp.
Augurandomi una stagione con zero polemiche e massimo spettacolo, ricordo le date dei gran premi e i team della classe regina.





























venerdì 22 febbraio 2008

SOS mIRC, aka il meraviglioso mondo delle scanlations.

Quanti di voi, entrando in fumetteria, sono rimasti delusi nel trovare l'ennesima -supercool-deluxe-strafighissima-e-perfettissima- ristampa di "Dragon Ball"? (tanto per fare un esempio). A quanti di voi è capitato di voler leggere a tutti i costi un manga di cui avete sentito parlare gran bene nelle recensioni, ma non ne avete la possibilità perché prima devono essere pubblicati titoli come "Virgin Crisis" o "I love you baby"? Beh, a me è capitato tantissime volte e, lasciatevelo dire, è una cosa che nel suo piccolo è molto frustrante.
Frustrante perché mi rendo conto perfettamente che le case editrici hanno delle esigenze da soddisfare, dettate da una miriade di fattori (fra i quali un pubblico largamente composto da bimbiminkia) dei quali non voglio entrare in merito, ma so anche per certo che esistono una moltitudine di titoli e di autori (mangaka) che, restando così le cose, io non potrò mai conoscere né apprezzare.
Per fortuna però è qui che entrano in gioco IRC e, soprattutto, le scanlations.

L'ultima parola deriva dall'unione di due termini inglesi: scansion (scansione) e translation
(traduzione). È proprio questo che fanno i numerosi gruppi di lavoro (scanlators) sparsi in tutto il mondo: prendono fumetti originali NON licensiti, cioè di cui le case editrici occidentali non hanno acquistato i diritti; li scansionano; ne fanno la traduzione dal giapponese (ma anche dal coreano o dal cinese) alla propria lingua (in genere l'inglese) e poi puliscono le scansioni e i balloon inserendoci i testi tradotti e riadattati (editing). L'operato di queste persone è grandioso se si pensa che da tutto ciò non ricavano, economicamente parlando, assolutamente niente. Tutti loro e tutti coloro che li sostengono sono legati assieme da un unico grande interesse: i fumetti e la loro diffusione, vero e ultimo scopo dei vari gruppi.

Beh certo, il loro agire è ai limiti della legalità e alcuni di loro, diffondendo fumetti licensiti, compiono dei veri e propri furti, ma i gruppi di scanlators seri non vogliono assolutamente sostituirsi alle case editrici. In ogni loro sito o all'inizio di ogni capitolo scansionato ci sono avvisi evidenti e grossi come le case, in cui spiegano che il lavoro sarà interrotto e ritirato dalla rete non appena ne verranno acquistati i diritti in occidente e in cui esortano il lettore a comprare il fumetto una volta in vendita, per sostenere l'autore e tutte le persone che vi hanno lavorato.
Questo, da parte dei fan, può sembrare un modo furbo per fare il proprio comodo e tutelarsi in qualche modo, ma a conti fatti non è così. Gli autori e soprattutto le case editrici avrebbero avuto modo di stroncare questo fenomeno alla nascita, tuttavia ciò non è avvenuto, poiché grazie alle scanlations il mondo dei manga (e simili) si è ampliato. La gente ha la possibilità di conoscere ed amare più mangaka, di affezionarsi a più personaggi (che spesso diventano veri e propri idoli) e chi trae guadagno da questo settore ne approfitta per convergere i suoi sforzi in quella direzione. Importante, quindi, è mantenere questo equilibrio fra fan e addetti ai lavori e i modi per farlo sono essenzialmente due: non sostenere i gruppi che diffondono materiale licensito e comprare i manga che ci vengono messi a disposizione (così il prezzo di "Beck" non mi schizza da 4.50€ a 6.50€, per dire!!).


Fino a qui sono state solo chiacchiere, ma dove si trovano le scanlations in questione?
Ovviamente il mezzo di diffusione è internet e i gruppi fanno riferimento ognuno al proprio sito, blog, livejournal ecc. Tuttavia non tutti i gruppi permettono di scaricare i manga tradotti direttamente dalla lista dei loro projects, ma preferiscono utilizzare i canali di IRC… ed è a questo punto che cominciano i dolori! Sono in pochi, infatti, a conoscere questa chat e ancora meno sono quelli che la sanno utilizzare per scambiare i file. Navigando in rete non occorre molto sforzo per trovare siti interamente dedicati ad IRC, ma spesso usano un linguaggio molto tecnico e sicuramente sono troppo "vasti" per il nostro scopo.
A questo proposito mi sono permessa di creare una piccola guida per principianti, dove riporto i passaggi essenziali utili ad attivare mIRC (uno dei client IRC più famosi) e a scaricare i file dagli utenti che li mettono a disposizione, con la speranza di rendere ancora più accessibile il meraviglioso mondo delle scanlations.

Link utili:

MangaUpdate
Manganews

sabato 16 febbraio 2008

Bartimeus (perché lui vale!)

Jonathan Stroud – La Trilogia di Bartimeus: L’amuleto di Samarcanda, L’occhio del Golem, La porta di Tolomeo; ed. Salani.

Avvertenze: Questo sproloquio/recensione/quel che vi pare contiene alcuni spoiler sui libri. Niente di grave, ma prima di andare avanti fatevene una ragione.

Ogni anno spendo una cifra che rasenta la follia in libreria. Sia perché ogni tanto mi piace leggere in inglese, e quindi pago di più, sia perché mi piace leggere punto e stop. Delle varie saghe, epopee e collane che ho seguito e sto seguendo nel tempo, una in particolare voglio trascinare per un attimo al centro del palcoscenico.
Si tratta di una storia fantasy, con protagonista un ragazzino inglese alle prese con la magia.
Suona familiare? Suona da sette libri di cui un paio sono mattoni e di cinque film da sbancare i botteghini? Beh, vi sbagliate.
Perché la storia di cui parliamo oggi è La Trilogia di Bartimeus, il cui primo protagonista, il ragazzino di cui sopra, è talmente irritante e fastidioso alle sue prime apparizioni da non meritarsi nemmeno il fregio del titolo. Lui, il protagonista, è Nathaniel detto Nat. L'altro, il jinn evocato per sfida e per orgoglio, un essere il cui cinico sarcasmo trasuda da ogni sua nota a piè di pagina, è Bartimeus (niente diminutivi, e grazie tante).
A ruota seguono Kitty, ragazzina ribelle e per niente incline alla magia, vari spiriti ed entità magiche, maghi e politici (o entrambi) più o meno corrotti ed altro ancora.
Ma facciamo un passo indietro.

A Londra, in un periodo non ben precisato ma all'incirca in un XX° secolo diverso da come noi lo conosciamo, i maghi sono una sorta di casta ben inserita nella società, con i più importanti dei propri membri a gestire le strutture governative. La magia non si basa tanto su poteri sovrannaturali o esibizioni di bacchette, ma piuttosto sulla volontà individuale e sulla capacità di convocare "da un altro posto" spiriti e affini (notate prego che ci sono vari tipi di spiriti, molti dei quali vi staccherebbero la testa senza manco pensarci al solo sentirsi equiparare ai più infimi rappresentanti della categoria, quindi io non l'ho scritto e voi non l'avete letto) ai quali far eseguire il proprio volere, stando fermo il rispetto di alcune norme.
Tre fra tutte, mai rivelare il proprio nome - tanto che è usanza comune per i maghi cambiarlo non appena possibile, mai uscire dal pentacolo mentre si sta convocando l'entità in questione (che, comprensibilmente, non sarà mai soddisfatta nell'essere strappata dal proprio ambiente per andare a servire un omuncoletto) e, ragionevolmente, mai convocare spiriti che non si sanno gestire.
Va da sé che questo porta ad una sorta di gerarchia nei maghi, dai più potenti in grado di controllare decine di jinn, afrit e marid senza fatica ai trafficoni che si arrabattano ogni giorno con quei due-tre foliot che la sorte gli ha quasi per dispetto concesso.
E va da sé che quando ad uno di questi, un vecchiaccio pomposo, viene dato in affidamento il piccolo Nat con lo scopo di educarlo e farlo crescere come apprendista, le cose non possano che finir male.
L'inizio della fine si ha quando Nat, da bimbetto sveglio, curioso e in cerca d'affetto (e ancora simpatico, va detto), riceve dal suo maestro una “lezione di vita” destinata a segnarlo.
L'ira e la voglia di vendetta lo porteranno prima a sfruttare la sua sete di sapere per convocare il jinn Bartimeus (per il lettore, il punto d’inizio) per fargli rubare il potente amuleto di Samarcanda, poi a ritrovarsi in una serie di avventure che lo troveranno via via impegnato a lottare contro forze più grandi di lui, a venire a faccia con intrighi politici e maghi potenti, a conoscere la vita tapina dei “comuni” e i ribelli tesi a sovvertire lo strapotere dei maghi.
E proprio dai ribelli nel secondo libro spunta Kitty, la terza protagonista, schietta e delicata come una sberla in faccia e pronta a superare qualsiasi confine in nome dei suoi ideali, con la quale sia Nat sia Bartimeus avranno più di in incontro-scontro, e più di una tensione irrisolta.
Crescendo l’adolescente Nat, allevato in mezzo agli adulti nella visione per la quale i maghi sono nel giusto e chiunque altro nel torto, mostrerà tutta la sua schiettezza, la sua rigidità, la meschinità e la sete di potere di cui l’uomo è capace, mai riuscendo però a nascondere del tutto al lettore – che in forza di quello è portato a sopportarlo fino alla fine – il granello di buono che si porta dentro, fino all’exploit finale che non sta certo a me rovinare.

Nei tre libri che si seguono senza perdere il filo, con l'azione che si sposta di volta in volta a seguire i protagonisti, incontrastato agli occhi dei lettori è però il millenario Bartimeus, che si presenta come "colui che riedificò le mura di Uruk, di Karnak e di Praga, che parlò con Salomone, che corse nelle praterie insieme ai padri dei bufali, che sorvegliò l'Antico Zimbabwe fino a quando le pietre caddero e gli sciacalli banchettarono con le sue genti” ecc, che narra gli eventi da un punto di vista particolare (il suo) senza mai tralasciare piccoli commenti divaganti e saccenti che vengono inseriti come note a piè di pagina (un motivo bastante per leggere i libri), che mai e poi mai fa sfoggio di umiltà o pentimento ma poi, dovendo scegliere una forma umana nella quale incarnarsi, predilige quella di un ragazzino non più grande di Nathaniel che ha conosciuto tremila anni prima (una sorta di quarto protagonista, ma per saperne di più il terzo libro è necessario) e il cui legame con Nat e Kitty si evolve e si stringe col progredire degli eventi. Un personaggio divertente, la cui logica contorta non ammette sbagli da parte di chi lo comanda, le cui risposte sono a doppio se non a triplo taglio, le cui battute spiazzano e la cui nostalgia quasi commuove, che non si può non apprezzare.

E ora, mentre io mi fustigo a dovere per non saper rendere il giusto merito a dei libri che mi hanno appassionato, voi filate a leggere!

venerdì 8 febbraio 2008

Colori e musica di una terra ancora tutta da scoprire...

"I remember Dublin City, in a rare old time" - Canzone popolare irlandese



Irlanda... La prima sensazione che mi viene in mente sentendo questo nome è nostalgia, nostalgia per quelle meravigliose brughiere di color smeraldo e solitarie, per le scogliere a picco sull'Oceano, per la gente chiacchierona e simpatica, per i castelli diroccati in cima ad una rupe accarezzati dal vento umido dell'Atlantico, per quei colori fantastici, cosi accesi ma perennemente scintillanti per l'incessante pioggia, per la musica che fuoriesce da ogni angolo della strada... Eppure, prima di partire, la parola che associavo a questo nome era un'altra, più semplice e immediata: Birra!!(o Guinness se preferite).

L'idea di partire per l'Irlanda ci frullava in testa già da un pò di tempo. Alla fine fu decisa come meta per le meritate (?) ferie post-esame di stato. Quattro baldi giovani erano decisi a festeggiare l'avvenuta maturità nel migliore dei modi: due settimane a zonzo per la suggestiva isola di Erin, con tappe fisse per fare rifornimento di cibo ma, soprattutto, di bevande. L'idea era pazzesca; per una volta non saremmo stati noi a cercare il Pub, ma era il Pub che avrebbe trovato noi...
In realtà le cose andarono in maniera ben diversa...

E cosi ci mettemmo in viaggio. Partenza da Pisa, con scalo intermedio a Londra, precipitoso cambio aereo, e poi via verso Dublino (esattamente un anno dopo sarebbe stato inaugurato un volo diretto low cost Pisa-Dublino, la solita sfortuna).
Durata del viaggio due settimane. Per rendere più agevole la visualizzazione del percorso da noi effettuato ho fatto ricorso ai nostri potenti mezzi informatici (ed una buona dose di pazienza!), colorando le varie tappe del nostro viaggio descritte nei prossimi post in modo differente.
In rosso: Dublino e dintorni (compreso Glendalought e Powerscourt)
In blu: Kilkenny, Limerick e Rock Of Cashel
In verde: Galway e le Isole Aran
In giallo: Connemara e Cliff Of Moher
In rock: vedi un paio di post più in giù!
Naturalmente non penso che tale ordine verrà rispettato: da una parte perchè di cose da dire ce ne sono veramente tante (un unico post su Dublino sarebbe troppo riduttivo!), dall'altra perchè avevo pensato di aggiungere qualche curiosità, soprattutto per quanto riguarda la musica e la storia di quest'isola.
L'unico consiglio che mi sento di darvi prima di mettervi in viaggio è il seguente: comprate un bell'impermiabile, ne avrete davvero bisogno!!

P.S. Siccome siamo in tema, volevo spendere due righe per augurare al mio carissimo amico Marco un buon viaggio ed una buona permanenza per il suo soggiorno australiano, con una piccola raccomandazione: Occhio ai canguri!!!
Bonjo