sabato 7 giugno 2008

Cambiamenti Climatici

Il 5 giugno si è tenuta a Wellington, in Nuova Zelanda, la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Il tema principale della manifestazione ruotava attorno ai cambiamenti climatici e un’attenzione particolare è stata rivolta alle possibilità che i Paesi, le industrie e le comunità hanno di modificare i loro comportamenti per arrivare ad economie e stili di vita a basso contenuto di CO2. In attesa di trovare materiale attendibile con le notizie e le conclusioni dell’incontro, vorrei spendere qualche parola proprio sugli effetti a scala mondiale dei cambiamenti climatici e del global warming di cui Agron ci ha parlato.

Nel 1995 è nato l’IPCC (International Panel on Climate Change) che, utilizzando la rete meteorologica mondiale, ha stimato un incremento di temperatura compreso fra 1.4 e 5.8 °C entro il 2100 con un innalzamento di un metro del livello del mare. Più pessimistiche sono invece le stime del centro di ricerche climatiche Hadley in Gran Bretagna che per lo stesso periodo di tempo prevede un incremento della temperatura da 7 a 10 °C. Se ipotizziamo una media fra queste previsioni nei prossimi cento anni (ad essere proprio proprio laschi) andremo incontro ai seguenti problemi.

  • Le aree periferiche dei ghiacciai polari si scioglieranno. Il disfacimento del permafrost al nord sta già causando diversi problemi in Canada e in Alaska poiché il substrato, acquistando una consistenza melmosa, non è più in grado di sostenere le infrastrutture. Mentre al Polo Sud sta drasticamente diminuendo il numero di alcune popolazioni di animali.
  • I ghiacciai alpini, rimasti stabili dal 1450 al 1850, si ridurranno più del 40%.
  • Le aree costiere verranno allagate. Per fare degli esempi concreti, con un innalzamento del mare di 3 metri, a Manhattan finirebbero allagati, fra tanti luoghi, Wall Street e il World Trade Center. Con un innalzamento di 1 metro, 1 miliardo di persone si troverebbe in seria difficoltà non solo dal punto di vista urbanistico, ma anche sanitario poiché i virus locali, disperdendosi in mare, si trasferirebbero da una zona all’altra della Terra. La questione dei “profughi ambientali” è già talmente preoccupante che l’Alto Commissariato per i Profughi delle Nazioni Unite, creato nel 1950 per gestire gli esodi avvenuti a seguito della II Guerra Mondiale, ha declinato ogni responsabilità nell’affrontare questa crisi. Attualmente questo problema riguarda circa 25 milioni di persone sparse per il mondo, ma potrebbe diventare di dimensioni bibliche se le previsioni dell’IPCC, che sono fra le meno pessimistiche, si dimostrassero esatte (secondo l’Università di Oxford i cambiamenti climatici creeranno circa 150 milioni di profughi entro il 2050).
  • Aumenteranno le ondate di calore. Le estati saranno molto più calde, ma soprattutto si verificheranno picchi improvvisi di temperatura che porteranno alla morte degli individui più deboli e che determineranno un aumento della frequenza e della intensità degli incendi.
  • Il Mediterraneo tenderà a diventare subtropicale con un prolungamento dei periodi secchi e un addensamento delle precipitazioni che diverranno di tipo monsonico. Questi effetti saranno molto più forti nelle aree con catene montuose nei pressi del mare (Liguria, Alpi Apuane, Sorrento, Calabria ecc) e ne sono un esempio le alluvioni avvenute proprio in queste aree: Genova, Valle del Frigido-Serravezza, Sarno ecc.
  • Cambierà la salinità del mare e con essa le correnti marine. Questo porterà a modificare il clima dell’Europa con un abbassamento delle temperature e un aumento della piovosità.
  • Nelle aree subdesertiche dell’Africa le pioggia tenderanno a diventare sempre più aleatorie. Questa situazione renderà le popolazioni autoctone incapaci di mettere a punto previsioni climatiche indispensabili per programmare sistemi di immagazzinamento.
  • La produzione di alcune specie di elevato interesse alimentare potrà diminuire. Per esempio è stato studiato che la fertilità del riso, dalla quale dipende gran parte dell’alimentazione del sud est asiatico, diminuisce del 10% all’aumentare di un grado al di sopra dei 30°C.
  • Piante e animali migreranno. Due terzi delle farfalle europee vivono più a nord di 50-300 chilometri rispetto a qualche decennio fa.
  • Si trasformeranno gli ecosistemi. Le grandi praterie semiaride in Arizona, Texas, Messico ecc, con l’aumento delle precipitazioni, vedono già la comparsa di arbusti.
  • I confini dei grandi parchi dovranno adattarsi ai cambiamenti climatici per inglobare gli ecosistemi che hanno variato la loro delimitazione.
  • I colori dei paesaggi varieranno. Per esempio i famosi colori degli aceri delle aree del Canada meridionale non si ritroveranno più in quella zona perché saranno sostituiti da quelli dei pioppi: si passerà dal rosso-arancio al giallo.
Ho parlato di stime e per comodità ho usato il futuro, ma è un’impostazione mentale sbagliata perché i problemi causati dai cambiamenti climatici sono in corso ORA e riguardano NOI. A testimonianza di ciò riporto le parole dette dal Presidente della Repubblica di Kiribati Anote Tong: «Sta diventando un problema la semplice sopravvivenza. Continuiamo a spostarci verso l'interno delle isole, visto che il mare continua a coprire parte delle spiagge e delle coste, ma fino a quando potremo farlo? […] I paesi che non hanno voluto sottoscrivere il protocollo di Kyoto devono ora prendersi la responsabilità morale di quanto sta accadendo».

Kiribati

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