venerdì 23 maggio 2008

Arezzo, la mia città 0.1


Con questo post voglio inaugurare un argomento a me particolarmente caro, ovvero, Città e Paesi di Italia. E come non iniziare con Arezzo, la mia città, che io amo e di cui sono oltremodo fiera!
Non starò a parlarvi della sua collocazione geografica o della sua
storia, reperibili in ogni dove, quello che intendo fare è di portarvi in giro per le sue strade, "mostrandovi" ciò che di bello c'è da vedere. Supponiamo quindi che sono le nove del mattino, il vostro treno è appena arrivato alla stazione ed io sono lì ad aspettarvi; un caloroso saluto di benvenuto e poi via, si parte, con gli occhiali da sole o l'impermeabile ('che tanto il tempo non ci spaventa) alla volta di Arezzo.

Usciamo dalla stazione e, svoltando sulla destra, vi faccio notare la fontana del giardinetto che stiamo attraversando. Al centro di essa, infatti, si trova una riproduzione in bronzo della Chimera (simbolo di Arezzo
assieme al Cavallino Rampante), una statua etrusca di splendida fattura rinvenuta nel 1554 a S. Lorentino, un quartiere della città, e adesso collocata al museo archeologico di Firenze. Mentre vi spiego questo siamo già arrivati ai Bastioni di Porta Santo Spirito, un residuo delle vecchie mura, che ci introducono nel Corso Italia e quindi nel centro storico.
Proseguiamo fino a piazza S. Jacopo e da lì svoltiamo a sinistra verso via dell'Anfiteatro per andare a vedere… indovinate cosa? Esatto, l'Anfiteatro Romano e, per i più volenterosi, il museo Archeologico. L'anfiteatro, edificato nei primi anni dell'impero, era di forma ellittica a più ordini di gradinate e poteva contenere diverse migliaia di spettatori. Quando l'Impero Romano crollò i Re Franchi lo donarono alla Chiesa aretina e, se da prima fu utilizzato come luogo di riunioni, in seguito si preferì utilizzarne i marmi e i materiali più preziosi per la costruzione del Duomo Vecchio e del Convento di San Bernardo, parte del quale oggi ospita i reperti etrusche e romani del museo. Entrando, si vede tutta la platea contornata da pochi ruderi e un busto di Caio Cilnio Mecenate (Arezzo, c. 68 a.C. - 8 d.C.), il consigliere di Augusto che formò un circolo di intellettuali fra cui Orazio, Virgilio e Properzio. Terminata la visita all'anfiteatro torniamo indietro e continuiamo la nostra camminata lungo il Corso Italia, il vecchio Borgo Mastro, fra negozi, palazzi e chiese antiche.

Arrivati dove la salita si fa più ripida ci fermiamo
ad ammirare in tutta la sua bellezza la Pieve di S. Maria, sulla quale svetta il campanile detto "dalle cento buche" per le numerose bifore. Non starò a descrivervi tutta la storia di questo edificio, piuttosto travagliata direi, però vi assicuro che era lì già a partire dall'XI secolo; magari non esattamente in questa forma, ma di sicuro con la sua navata centrale. Visto il secolo lo stile è inconfondibilmente romanico e lo si nota non solo nella struttura della chiesa, ma anche nelle decorazioni che si trovano sulle varie porte. Da notare, su quella centrale, le figure di "Santi" scolpite sull'architrave, "La Vergine in mezzo a due angeli" nella lunetta (datate 1216) e nell'archivolto le allegorie dei "Dodici mesi dell'anno" scolpite nella seconda metà del XIII secolo. Anche l'interno della chiesa conserva assolutamente lo stile mistico e austero tipico dell'arte romanica. Va detto però che nel Cinquecento provarono, per altro riuscendoci, a rovinare il suo aspetto: interrando la cripta, aprendo nuove finestre e porte, costruendo volte a botte, ma il restauro avvenuto alla fine del 1800 ha limitato, almeno per noi, i danni. A questo punto vi lascerò vagare silenziosi e rapiti, ne sono certa, per le navate, il presbiterio e la cripta, limitandomi a farvi porre attenzione, fra le tante cose, al Polittico di Pietro Lorenzetti (sull'altare maggiore), che è una delle opere migliori di questo artista; all'affresco sul pilastro sinistro del presbiterio raffigurante "S. Francesco e S. Domenico" attribuito a Giotto dal Vasari; e al reliquiario rappresentante il busto al naturale di S. Donato (martire e patrono della città), opera in argento del 1346 fra le più insigni del suo genere.


Usciamo e guardo l'orologio, sono le dieci e trenta, giusta ora per la seconda colazione o per prendere un caffè ad uno dei tanti bar che ci sono a pochi passi da noi. Facciamo quindi una
pausa, ma la sosta non sarà lunga presto ci ritroviamo per la seconda parte del giro.

4 commenti:

Bonjo ha detto...

Abbiamo toccato proprio il fondo...

Caffeine ha detto...

Eh lo so, il giogo è pesante e a lungo andare crea irritazione, comunque aspetterei a parlare di fondo: fra le bozze ho letto qualcosa su pianticelle cresciute nel balcone... con amore! ^________^

Anonimo ha detto...

Bella città :D.E' un eternità che nn ci metto piede

Caffeine ha detto...

Grazie qualcuno che mi capisce, sigh sob sono commossa. Vieni presto a trovarmi!!