sabato 19 gennaio 2008

Chewing a Bubblegum

Mark Lanegan: Bubblegum






Carillon. Così comincia Bubblegum. Un carillon. Minimalista come solo Mark Lanegan riesce a essere. Il carillon stacca, lascia il posto alla musica; subito la voce roca, profonda di Lanegan esce dalle casse "Did you call for the night porter? You smell the blood running warm...". When Your Number Isn't Up: questo è l'inizio di uno degli album più belli che abbia mai ascoltato, un album che mi accompagna negli ultimi due mesi.

Album ricco di collaborazioni illustri, primo tra tutti Greg Dulli (Afgan Wings), poi Duff McKagan e Izzy Stradlin (Guns and Roses) e infine, ma certamente non ultima PJ Harvey, al secolo Polly Jane Harvey, eccentrica e geniale musicista inglese, che condisce con la sua voce, secondo me paradisiaca, le canzoni Hit The City e Come To Me. Bubblegum fu registrato nel 2003, a seguito del lungo e estenuante tour con i QOTSA, ma uscì solo nell'agosto del 2004. Sonorità diverse dai precedenti album rendono l'album forse più ascoltabile, più accessibile per il pubblico, ma come sempre (e per fortuna) non mancano momenti meditativi e di poesia oscura.

Il secondo brano è Hit The City. Non voglio dire nulla, guardatevi il video. Non trovo le parole.
Wedding Dress, la seconda traccia, una ballata, che preannuncia soltanto il sincopatico ritmo di Methamphetamine Blues. Forse la mia preferita di tutto l'album. Se dovessi un giorno masticare della metamfetamina sono sicuro che la sensazione non può che essere quella. Folle quanto basta per farmela piacere al primo ascolto: sporca, veloce, ripetitiva, sono i tre aggettivi che meglio la caratterizzano.
Il contrario, molto più melodica e rassicurante, risulta invece le quinta traccia: One Hundred Days. Mark tiene incollato alle casse, presentando tracce sempre diverse, ognuna che richiama all'ascoltatore altri autori, e di nuovo cambia con la sesta, Bombed, una poesia acustica, accompagnato di nuovo dalla voce di PJ.
Non riesco ancora a capire perchè, ma le settima, Strange Religion mi dà l'idea di un viaggio, sicuramente sarebbe una delle tracce che metterei nel cd intitolato "Ruote 66" (sì, è uno dei miei sogni, coast to coast sulla mitica Route 66).
Sideways In Reverse è invece la traccia che ricorda i mitici Screaming Trees, e che mi riporta indietro nel tempo fino alla mia, ormai lontana, terza superiore. Subito dopo torna la voce femminile di PJ Harvey, in una canzone che può essere il parallelo tra il sesso e la musica. Le due voci si fondono in una sola, in un concerto perfetto di sensualità.
Di nuovo una ballata con Like Little Willie John, per poi tornare alle laneganiane Can't Come Down e Morning Glory Wine. Se mi piace Mark Lanegan c'è un motivo, e queste due canzoni me lo ricordano più forte che mai!
Geniale è Head, canzone che non riesco bene a inquadrare, e forse è proprio questo il motivo che me la fa adorare. Sembra quasi pop, ma non lo è; non saprei davvero.
Segue, al quattordicesimo posto di questo fantastico album una seconda traccia che ci ricorda i QOTSA, al pari di Methamphetamine Blues, ed è Driving Death Valley Blues.A me non ricorda solo loro, mi fa venire in mente anche, e forse anche di più, per la seconda volta, gli Screaming Trees. Sarò malato...
Ultima a chiudere questo fantastico album, la quindicesima canzone: Out Of Nowhere. Di nuovo il marchio di fabbrica Lanegan si fa sentire e chiude l'album con un ritorno al suo stile classico.

Che dire alla fine di questa lunga, e molto probabilmente noiosa, cavalcata attraverso quest'album magnifico? Sinceramente non saprei, posso solo dire che a me è piaciuto tantissimo. Mai noioso, sono riuscito ad ascoltarlo per tantissimo tempo: non posso fare altro che consigliarlo a tutti coloro che amano il rock, e che sicuramente non possono perdersi questo lavoro.

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