giovedì 26 giugno 2008

Quanto costa il mondo?

O meglio... Quanto vale la Terra? Immaginiamo che la Terra venga venduta a un manipolo di immobiliaristi fratelli di ET, su cosa si baserebbero per decidere qual'è il prezzo della Terra? Ogni buon impiegato di Tecnocasa sa che ci sono criteri sui quali basarsi per stabilire il prezzo di un immobile, ora, anche se la Terra non è immobile (come qualcuno ci voleva fa credere), ci pensano Costanza e altri studiosi a rispondere a questa domanda.
Costanza e gli altri hanno studiato vari ecosistemi e biomi, poi hanno moltiplicato il valore che veniva fuori per questo per tutta la loro estensione e li hanno sommati insieme. Da questo è venuto fuori che la Terra “smuove” una produzione di ben
16-56 trilioni di US$ (10 alla dodicesima!) l'anno, con una media di 33 trilioni US$ annui. Tutto a fronte di un prodotto interno lordo mondiale di circa 18 trilioni di US$ annui.
Si sono basati sui “
servizi” che i vari ecosistemi terrestri svolgono per la Terra e che l'uomo sfrutta inserendo nella propria economia. Questi servizi hanno varie tipologie e vi vengono inserite anche le materie prime prodotte, anche queste intese come un servizio all'umanità. Alcuni esempi, particolarmente interessanti ai giorni d'oggi posso essere: la capacità di accumulare rifiuti; la capacità di assorbire CO2; la difesa da eventi devastanti... Ce ne sono tante categorie, 17 addirittura, molte delle quali sono servizi che autoalimentano il sistema. Una particolarità di questo studio è che pondera solo le risorse rinnovabili, quelle non rinnovabili non vengono nemmeno prese in considerazione. Allora anche le risorse rinnovabili sono poco rinnovabili? Sì, se stressiamo troppo un ecosistema ecco che questo non si rinnoverà.
Costanza si chiede anche quale sia il servizio che è più importante, e quale di questi se viene a mancare è più deleterio. Viene fuori che è di gran lunga il più importante, con un ordine di grandezza sopra gli altri, la “
formazione del suolo”. E questo è vero, perchè senza suolo non ci sarà nessun ecosistema e senza nessun ecosistema nessun altro servizio reso all'uomo. Quindi la notizia più brutta che possiamo sentire al telegiornale dovrebbe essere la degradazione del suolo ad opera di attività umane...
Meditate gente meditate...

The value of the world’s ecosystem services and natural capital
Robert Costanza, Ralph d’Arge, Rudolf de Groot, Stephen Farberk, Monica Grasso, Bruce Hannon, Karin Limburg, Shahid Naeem, Robert V. O’Neill, Jose Paruelo, Robert G. Raskin, Paul Sutton & Marjan van den Belt

mercoledì 18 giugno 2008

Addio Sergente

Il 16 giugno Mario Rigoni Stern è morto a 86 anni, ha "lasciato le sue ossa" nelle "sue montagne" ad Asiago, circondato solo, e direi anche giustamente, dalla sua famiglia.
In questo post avevo pensato di fare qualche misera considerazione personale sull'opera più diffusa dello scrittore, ma poi ho ritenuto la cosa del tutto inutile perché non so nemmeno se, escluso forse nelle scuole vicentine, si faccia leggere ancora Il sergente nella neve.
Se il mio timore fosse fondato, prima ancora di preoccuparsi dei contenuti del libro, ci sarebbe da domandarsi: a chi serve "la memoria"? Che senso hanno tutte quelle date fissate in ricordo di avvenimenti significativi, spesso tragici, come il 27 gennaio, il 25 aprile o il 10 febbraio, se molti ragazzi, usciti dalle superiori, sanno vagamente cosa è successo nella prima metà del Novecento e conoscono la seconda metà solo attraverso i romanzi di spionaggio (ad essere ottimisti).
Per chi sono quelle ricorrenze, per mio nonno? Che quasi non si ricorda più come si chiama, ma sa raccontare i giorni di prigionia come se fossero stati ieri. Per i morti? Che continuano ad essere prodotti per le stesse identiche ragioni. Per noi? Che così ci facciamo un giorno di festa o più di uno, se abbiamo il culo di infilarci un ponte.

Ovviamente non so dare una risposta, quello che so è che le date servono a poco, sono una facciata e se non c’è di mezzo una vacanza si dimenticano subito dopo averle sentite. Un libro come quello scritto da Rigoni Stern (e come altri finiti nel dimenticatoio), invece, serve a molto: serve a capire meglio quello che freddamente ci riferisce il manuale di storia; serve come punto di partenza per chi ha sentito nominare spesso la Seconda Guerra Mondiale, ma l’ha studiata negli ultimi sette giorni di scuola solo perché: “Cazzo, che gli racconto all’esame?”; serve perché non spiega le cause e le ideologie che stanno dietro agli avvenimenti dell’epoca, ma racconta un’esperienza nuda e cruda che, forse, può istillare nel lettore la voglia di sapere di più riguardo a quelle circostanze.

Per concludere il mio solito sproloquiare voglio ricordare anche l’opera teatrale dal titolo “Il Sergente” di Marco Paolini, così ben fatta e sentita da riuscire a convincere Mario Rigoni Stern ad assistere di persona allo spettacolo, scendendo, forse per l’ultima volta, dalle sue amate montagne.

sabato 7 giugno 2008

Cambiamenti Climatici

Il 5 giugno si è tenuta a Wellington, in Nuova Zelanda, la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Il tema principale della manifestazione ruotava attorno ai cambiamenti climatici e un’attenzione particolare è stata rivolta alle possibilità che i Paesi, le industrie e le comunità hanno di modificare i loro comportamenti per arrivare ad economie e stili di vita a basso contenuto di CO2. In attesa di trovare materiale attendibile con le notizie e le conclusioni dell’incontro, vorrei spendere qualche parola proprio sugli effetti a scala mondiale dei cambiamenti climatici e del global warming di cui Agron ci ha parlato.

Nel 1995 è nato l’IPCC (International Panel on Climate Change) che, utilizzando la rete meteorologica mondiale, ha stimato un incremento di temperatura compreso fra 1.4 e 5.8 °C entro il 2100 con un innalzamento di un metro del livello del mare. Più pessimistiche sono invece le stime del centro di ricerche climatiche Hadley in Gran Bretagna che per lo stesso periodo di tempo prevede un incremento della temperatura da 7 a 10 °C. Se ipotizziamo una media fra queste previsioni nei prossimi cento anni (ad essere proprio proprio laschi) andremo incontro ai seguenti problemi.

  • Le aree periferiche dei ghiacciai polari si scioglieranno. Il disfacimento del permafrost al nord sta già causando diversi problemi in Canada e in Alaska poiché il substrato, acquistando una consistenza melmosa, non è più in grado di sostenere le infrastrutture. Mentre al Polo Sud sta drasticamente diminuendo il numero di alcune popolazioni di animali.
  • I ghiacciai alpini, rimasti stabili dal 1450 al 1850, si ridurranno più del 40%.
  • Le aree costiere verranno allagate. Per fare degli esempi concreti, con un innalzamento del mare di 3 metri, a Manhattan finirebbero allagati, fra tanti luoghi, Wall Street e il World Trade Center. Con un innalzamento di 1 metro, 1 miliardo di persone si troverebbe in seria difficoltà non solo dal punto di vista urbanistico, ma anche sanitario poiché i virus locali, disperdendosi in mare, si trasferirebbero da una zona all’altra della Terra. La questione dei “profughi ambientali” è già talmente preoccupante che l’Alto Commissariato per i Profughi delle Nazioni Unite, creato nel 1950 per gestire gli esodi avvenuti a seguito della II Guerra Mondiale, ha declinato ogni responsabilità nell’affrontare questa crisi. Attualmente questo problema riguarda circa 25 milioni di persone sparse per il mondo, ma potrebbe diventare di dimensioni bibliche se le previsioni dell’IPCC, che sono fra le meno pessimistiche, si dimostrassero esatte (secondo l’Università di Oxford i cambiamenti climatici creeranno circa 150 milioni di profughi entro il 2050).
  • Aumenteranno le ondate di calore. Le estati saranno molto più calde, ma soprattutto si verificheranno picchi improvvisi di temperatura che porteranno alla morte degli individui più deboli e che determineranno un aumento della frequenza e della intensità degli incendi.
  • Il Mediterraneo tenderà a diventare subtropicale con un prolungamento dei periodi secchi e un addensamento delle precipitazioni che diverranno di tipo monsonico. Questi effetti saranno molto più forti nelle aree con catene montuose nei pressi del mare (Liguria, Alpi Apuane, Sorrento, Calabria ecc) e ne sono un esempio le alluvioni avvenute proprio in queste aree: Genova, Valle del Frigido-Serravezza, Sarno ecc.
  • Cambierà la salinità del mare e con essa le correnti marine. Questo porterà a modificare il clima dell’Europa con un abbassamento delle temperature e un aumento della piovosità.
  • Nelle aree subdesertiche dell’Africa le pioggia tenderanno a diventare sempre più aleatorie. Questa situazione renderà le popolazioni autoctone incapaci di mettere a punto previsioni climatiche indispensabili per programmare sistemi di immagazzinamento.
  • La produzione di alcune specie di elevato interesse alimentare potrà diminuire. Per esempio è stato studiato che la fertilità del riso, dalla quale dipende gran parte dell’alimentazione del sud est asiatico, diminuisce del 10% all’aumentare di un grado al di sopra dei 30°C.
  • Piante e animali migreranno. Due terzi delle farfalle europee vivono più a nord di 50-300 chilometri rispetto a qualche decennio fa.
  • Si trasformeranno gli ecosistemi. Le grandi praterie semiaride in Arizona, Texas, Messico ecc, con l’aumento delle precipitazioni, vedono già la comparsa di arbusti.
  • I confini dei grandi parchi dovranno adattarsi ai cambiamenti climatici per inglobare gli ecosistemi che hanno variato la loro delimitazione.
  • I colori dei paesaggi varieranno. Per esempio i famosi colori degli aceri delle aree del Canada meridionale non si ritroveranno più in quella zona perché saranno sostituiti da quelli dei pioppi: si passerà dal rosso-arancio al giallo.
Ho parlato di stime e per comodità ho usato il futuro, ma è un’impostazione mentale sbagliata perché i problemi causati dai cambiamenti climatici sono in corso ORA e riguardano NOI. A testimonianza di ciò riporto le parole dette dal Presidente della Repubblica di Kiribati Anote Tong: «Sta diventando un problema la semplice sopravvivenza. Continuiamo a spostarci verso l'interno delle isole, visto che il mare continua a coprire parte delle spiagge e delle coste, ma fino a quando potremo farlo? […] I paesi che non hanno voluto sottoscrivere il protocollo di Kyoto devono ora prendersi la responsabilità morale di quanto sta accadendo».

Kiribati